Nella sua struttura attuale risale a circa cinquant’anni fa. Fu costruita su progetto dell’ing. Dante Jannicelli di Roma. Anticamente era la cappella dedicata alla Vergine sotto il titolo di Immacolata Concezione ed era il luogo di sepoltura della famiglia de Pizzis. Al centro è collocato l’altare-tomba (1986); al suo interno in una cassetta di rame dorato (inizio XVII secolo) si conservano le reliquie di san Tommaso apostolo. L’urna, con effigie di san Tommaso, fu realizzata nel 1612 dal pittore ortonese T. Alessandrino. Il crocifisso che pende sull’altare è opera dello scultore ortonese Aldo d’Adamo (1982).
Sulla destra di chi vi accede è posta la lapide in marmo rosso di mons. Boccabarile (1623) che narra la vicenda del trafugamento delle reliquie di san Tommaso e il loro arrivo in Ortona. Sulla parete di sinistra c’è un’altra lapide con la narrazione della venuta di santa Brigida in Ortona per venerare le reliquie di san Tommaso.
Dietro l’altare la cattedra vescovile, in marmo, eseguita dallo scultore ortonese Gildo Ricci nel 1940 e la pietra tombale recata da Chios insieme alla cassetta con le ossa di san Tommaso. La lastra nella parte superiore presenta un’iscrizione ed un bassorilievo raffigurante un uomo con barba e nimbo benedicente con la mano destra, le cui dita sono messe in modo tale da riprodurre le iniziali della parola greca Christòs. Nell’iscrizione si legge, in caratteri greci onciali, l’espressione O OSIOS THOMAS, cioè san Tommaso (nei primi secoli del Cristianesimo la parola osios era sinonimo di aghios).
Dal punto di vista artistico, paleografico e lessicale la lapide è databile al III-V secolo e rinvia all’arte siro-mesopotamica, pertanto a Edessa.
In basso la lastra presenta due fori di differenti dimensioni, usati nei primi secoli del Cristianesimo per introdurre nelle tombe balsami e profumi (aloe, mirra, incenso, ecc.), o fornire, nel caso dei martiri e dei santi, “reliquie da contatto”.
PER APPROFONDIRE
La pietra, definita dalla tradizione di marmo calcedonio, ma che di recente è stata classificata dal prof. Silvano Agostini (del MIBAC – Sovrintendenza Archeologica di Chieti) come “marmo Africano” o Marmor Luculleum (molto usato in epoca romana e proveniente dalla zona di Teos in Asia Minore), misura 136,7x48x9 cm e pesa circa 150 kg. L’iscrizione O OSIOS THOMAS, in caratteri greci onciali, paleograficamente è databile tra il III e il V secolo e presenta alcuni elementi molto interessanti, quali tratti ondulati sopra le lettere, che indicherebbero segni di contrazione e la parola Thomas scritta con l’omicron e non con l’omega, ossia con un uso improprio della vocale giustificabile con la zona di provenienza del reperto: il mondo siro-mesopotamico (quindi Edessa) ai limiti del mondo greco, dove coesistevano idiomi di ceppo semitico con altri di tipo indoeuropeo. Anche artisticamente il bassorilievo presenta elementi tipici della produzione di quei territori, quali la frontalità, la ieraticità, il volto che sembra guardare lontano, ed il panneggio degli abiti uniforme e lineare (si pensi alle figure di Mosè ed Aronne nella sinagoga di Doura Europos, oppure ad alcune raffigurazioni, anche di tipo funerario, trovate proprio ad Edessa).
Tommaso Alessandrino (1570-1640), autore del dipinto San Tommaso Apostolo, nasce a Ortona.
Lavora principalmente nella sua città d’origine: nel locale Museo Diocesano sono, infatti, conservate quattro sue tele (Pietà di Chioggia o Apparizione della Madonna della Navicella, 1629; I Tre Regni dell’Oltretomba o Giudizio Universale, 1631; Assunzione di Maria, 1627; San Bernardo di Chiaravalle e il miracolo del latte, 1632).
L’opera San Tommaso Apostolo è datata 1612: si tratta di un’urna in rame dorato con al centro un ovale con l’immagine del Santo dipinta a olio.
San Tommaso, ritratto con una leggera torsione del busto, emergente da un fondo scuro, presenta alcuni attributi iconografici tipici: è vestito da pellegrino (tunica e mantello); nella mano sinistra ha la croce che rinvia alla sua opera di evangelizzazione; nella destra, in atto benedicente, stringe una squadra (sulla quale è scritto in caratteri greci capitali “Aghios Thomas”, cioè San Tommaso), in memoria del “palazzo di Dio”, promesso al re indiano Gundaforo; in vita ha una fascia di stoffa, simile a quella indossata dall’angelo alla sinistra della Madonna nell’Assunzione di Maria del 1627 (in quest’opera il Santo compare in basso, in corrispondenza dell’angelo, assorto nella contemplazione del sepolcro vuoto; notevole è, infatti, la somiglianza tra il suo volto e quello ritratto nel dipinto in cripta). Non sappiamo quale sia stata la motivazione che abbia spinto l’Autore a replicare la fascia nelle due tele; tuttavia, tenendo conto che il dipinto San Tommaso è precedente l’Assunzione (nel cui messaggio iconografico non è rinvenibile un esplicito richiamo all’episodio della “cintola della Madonna”), è escluso che si possa ricondurre la cintura di Tommaso a quella che Maria, salendo in Cielo, fece cadere nelle sue mani.
Altre opere attribuite all’artista si trovano a Lanciano, Crecchio e Guardiagrele.